mercoledì 15 gennaio 2014

Tempo rubato, come evitarlo?

Per quale motivo alla fine della giornata restano sempre delle cose da fare e sorge spontanea la considerazione: “Accidenti anche oggi non sono riuscita a finire quella cosa che mi ero ripromessa di terminare e mi tocca restare in ufficio fino a ore impossibili“.

C’è sempre un motivo per cui un’attività che sembrava potessimo svolgere in un paio d’ore, ce la trasciniamo da giorni.
Abbiamo lavorato tutta la giornata, abbiamo mangiato un panino al volo, abbiamo fatto solo una breve pausa caffè e nonostante tutto ci troviamo con un mucchio di carte sulla scrivania, documenti da archiviare, mail cui rispondere.

E’ vero, magari abbiamo dato anche un’occhiata (magari un paio) a Facebook o ai messaggini sul telefonino, ma non possono essere queste “piccole” interruzioni che ci fanno perdere tempo.
E quindi? Come mai non abbiamo mai tempo?

Alcuni studi hanno dimostrato che circa la metà del tempo lavorativo viene letteralmente consumato dalle interruzioni.
Per interruzioni Intendo: dare uno sguardo “veloce” alle e-mail, le telefonate non necessarie ricevute, una richiesta “fatta al volo” da parte di un collega che non ricorda una determinata cosa, come anche vere urgenze che non possono essere rimandate.
Mediamente un’assistente viene interrotta circa 60 volte al giorno.
Un manager ogni 10 minuti!


Ci sono diversi tipi di interruzione, quella che dura mediamente dai 3 ai 5 minuti, mentre altre possono essere più brevi, altre invece richiedono la nostra totale attenzione e concentrazione.
Se poi consideriamo i circa 8 minuti necessari per ritornare ad essere focalizzati come al momento esattamente precedente l’interruzione, facendo un breve calcolo, molto approssimativo, perdiamo almeno 3 ore della nostra giornata lavorativa a gestire le interruzioni.

Secondo voi, quante di queste interruzioni sono veramente urgenti e importanti? Probabilmente solo il 10% mentre il restante 90% ci ruba tempo prezioso!
Come difenderci da chi ci ruba tempo prezioso?
Il primo passo per risolvere questo problema è cercare di rimanere focalizzate il più possibile su quelle attività che sono realmente importanti per il raggiungimento dei nostri obiettivi. Ormai lavoriamo quasi tutte in open-space o in uffici che condividiamo con altri colleghi. Imparare a ignorarli e a non prestare attenzione alle loro chiacchiere è una strategia: non fatevi coinvolgere nelle loro discussioni se non avete tempo e specialmente se non vi riguardano.
Riconoscere le “interruzioni” e dar loro il giusto peso, magari riuscendo anche a ignorarle quando è il caso,  è un primo passo per farsi distrarre di meno e portare finalmente a termine quell’attività che ci trasciniamo da giorni.

Un altro è imparare a riconoscere alcune frasi che sembrano innocenti, ma non lo sono:

 “Scusa hai un attimo? Posso chiederti una cosa al volo?”
Questa probabilmente è la domanda che ci viene fatta abitualmente e di solito il “ladro di tempo” ha sempre una fretta indiavolata e se solo giriamo la testa verso di lui, siamo fregate, gli abbiamo appena dato l’autorizzazione a proseguire nella sua richiesta.
Poco importa se noi stiamo facendo altro o se neanche siamo la persona giusta cui chiedere! Non lo fa certo per farci un dispetto, quanto piuttosto per semplice pigrizia, magari potrebbe trovare l’informazione in una vecchia mail o cercando in Internet, ma è più comodo e veloce che il lavoro lo faccia qualcun altro.

Sono certa che vi è capitato più di una volta che, mentre siete al telefono, un collega si metta di fronte a voi e cominci a parlarvi e a chiedervi informazioni.

Per un certo periodo di tempo, dietro la mia scrivania ho appeso un cartello con scritto:

Nonostante la natura sia stata molto generosa con me e mi abbia dotata di due orecchie, mi ha dato una sola bocca per rispondere, motivo per cui se sto parlando al telefono, non posso rispondere anche a te”.

Ad ogni simile interruzione, lo indicavo al rompiscatole.

Ma oltre a queste tipologie di interruzione ce ne sono altre migliaia, che volenti o nolenti distolgono  la nostra attenzione, rompono la concentrazione che ci eravamo create e che spezzano il filo del ragionamento che stavamo seguendo.
Ad esempio:

“Ti ricordi dove ho messo quel foglio?”
IO dovrei ricordarmi dove TU hai messo qualcosa? E poi cosa significa “quel foglio?” sai quanti fogli ho sulla mia scrivania che non sono neanche miei e che ho magari raccattato abbandonati nelle sale riunioni?

“Mi passi quel foglio/penna/documento/?”
Potresti cortesemente alzarti e fare il giro della scrivania? O magari solo allungare il braccio, hai un crampo?

“Come si chiamava quel tizio che ha fatto quell’ordine?”
Magari se apri il programma CRM o il foglio di Excel, come per magia ti appare la risposta, io manco c’ero all’appuntamento con il cliente!!!

Ma la più bella di tutte è questa:
“Scusa, dai una lettura veloce a questa mail e mi dici se va bene?”
Qui, oltre all’interruzione non richiesta si scatenano un sacco di altre dinamiche complesse da gestire.
Per prima cosa, scatta qualcosa… siamo lusingate che un nostro collega ci chieda un parere e ci dia così tanta considerazione e fiducia da chiedere cosa ne pensiamo.
Non ci succede spesso di essere interpellate, quindi interrompiamo tutto quello che stiamo facendo perché il nostro collega ha bisogno di aiuto, del NOSTRO aiuto.
Ci accomodiamo vicino a lui/lei, assumiamo un’aria concentrata, molto seria e professionale e cominciamo a leggere.

Ha chiesto il NOSTRO parere e quindi VUOLE il nostro contributo.
Allora cerchiamo di leggere le sfumature, di capire il messaggio tra le righe, di metterci nei panni di chi leggerà questa mail e, come in una partita a scacchi, cerchiamo di prevedere tutte le possibili mosse, immaginiamo scenari e stati d’animo, insomma ce la mettiamo tutta.
E, alla fine, ci rendiamo conto che quello che c’è scritto fa veramente schifo, probabilmente noi non avremmo mai scritto una cosa simile e vorremmo cambiare tutto, ma per gentilezza ci limitiamo a suggerire come cambieremmo una frase, come anticiperemmo una possibile obiezione, come eviteremmo di offendere l’interlocutore.

Ma mentre stiamo esponendo il nostro gentile punto di vista, il nostro collega, con un sorrisetto stirato in faccia ci dice: “Cara, è giusto quello che dici, ma ti manca questo pezzo per capire come mai ho scritto così…” oppure “Va bene, però il cliente quella volta al telefono mi ha detto che… e quindi…”
E alla fine, ci sentiamo dire: “Dai, grazie lo stesso. Adesso rivedo due cose e poi la mando.”

A questo punto ci sentiamo delle cretine, gli abbiamo dedicato il nostro prezioso tempo e lui ci liquida così? E la prossima volta che ci capita una simile richiesta, come dobbiamo comportarci? Far finta di niente? Non prestare attenzione alle richieste dei colleghi?
Direi che una soluzione semplice e diplomatica, è rispondere con tono molto cortese: “Dammi ancora mezz’ora così finisco questo lavoro importante e poi ti dedico l’attenzione che meriti”.
Vi renderete conto in breve, che nella maggior parte dei casi il collega non tornerà a disturbarvi.

C’è una frase che amo molto:

Mentally strong EAs don't worry about pleasing others. Know any people pleasers?

Or, conversely, people who go out of their way to dis-please others as a way of reinforcing an image of strength?

Neither position is a good one.

A mentally strong EA strives to be kind and fair and to please others where appropriate, but is unafraid to speak up.

They are able to withstand the possibility that someone will get upset and will navigate the situation, wherever possible, with grace.

 

 

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