martedì 30 ottobre 2012

Discorso introduttivo agli interventi del III Congresso Nazionale di MACSE Italia - 29/09/12

Essere pari non è essere uguali, è poter essere diversi senza essere messi da parte.

L’essere diversi origina un giudizio, spesso incomprensioni e tensioni, mentre la presa di coscienza, seguita dalla comprensione e accettazione della diversità, porterebbe moltissimi vantaggi tra cui ottenere dei risultati migliori facendo leva proprio sulla diversità di pensiero e di approccio alla soluzione dei problemi che contraddistinguono maschi e femmine.
Per poter essere diversi e pari, è necessario che i diritti di tutti vengano riconosciuti e rispettati allo stesso modo.
Dobbiamo capire e accettare che le differenze di genere sono un grandissimo valore aggiunto per un’azienda e che lavorare, adottando comportamenti “inclusivi”, in cui entrambi gli approcci sono considerati e valutati positivamente non può che portare a un maggior coinvolgimento delle persone nel business dell’azienda e a migliori risultati dal punto di vista di performance.
Quando si è parlato per la prima volta di quote rosa, mi sono sentita sminuita come donna, una sorta di specie protetta, ma in effetti i gender studies e tutto quanto ne è derivato, compreso le quote rosa, sono importantissimi e necessari e sono nati proprio per fare in modo che le differenze siano considerate una ricchezza e non un problema.
I nostri leader e manager devono imparare a identificare e far convivere positivamente gli approcci al business sia “femminili” che “maschili” in modo che tutti si sentano apprezzati allo stesso modo e abbiano le stesse possibilità di sviluppo di carriera.
Bisognerebbe indurli a pensare fuori dagli schemi consueti, sforzandosi di fare accostamenti per similitudine, per opposizione, per analogia, ma non per genere sessuale.
Nell’Ottocento la cultura femminile è stata una conquista, si è cominciato a parlare di diritti delle donne, da lì è poi venuto il femminismo. Ora parlare di femminismo sembra assolutamente fuori luogo ed è un po’ triste perché il primo diritto rivendicato dalle donne fu proprio quello dell’istruzione.
Ed è sull’istruzione, su quello che chiamerei eccellenza professionale che si dovrebbe “discriminare” non sul genere, maschile o femminile.
MACSE Italia conta solo associate donne, perché per tradizione e cultura in Italia la “segretaria” è sempre stata donna.
Questo non vuol dire che non accoglieremmo tra noi anche dei colleghi maschi!
E’ però necessario sottolineare che nella piramide del mondo del lavoro, ancora molto gerarchizzata, la maggior parte delle donne che lavorano sta alla base, alcune salgono fino a raggiungere il middle management, poche arrivano al top.
Si è parlato spesso di soffitto di cristallo, ma il realtà il blocco è molto più in basso e sembra che le donne, partite con ottimi risultati all’inizio della carriera, si perdano lungo la strada.
Sappiamo bene quali sono i motivi, il primo dei quali è la maternità e a seguire la famiglia in senso lato.
Non ci sono aiuti alle donne che a un certo punto devono fare una scelta e quasi sempre scelgono la famiglia.
Un discusso studio pubblicato sul Journal of Personality and Social Psychology afferma che le donne vogliono fare carriera quando temono di non essere abbastanza belle da attrarre gli uomini.
La pubblicità, da sempre, rappresenta le donne come esseri sottoposti (non ultima quella delle bustine di zucchero distribuite da Techmania: «La differenza tra una toilette ed una donna è che la toilette non ti insegue nove mesi dopo che l’hai usata»).
Però celebriamo in grande stile la festa della donna e la festa della mamma.
Alla fine, tornando a quanto detto poco fa, ci rendiamo conto che viviamo in un paese che non supporta in nessuno modo le donne che nello stesso tempo lavorano, sono madri e mogli e che hanno sulle spalle tutta la gestione familiare, anziani inclusi.
La settimana scorsa l’Italia ha aderito ad una proposta fatta da Hillary Clinton che ha lanciato un’iniziativa che punta all’uguaglianza di genere nella governance globale e nel servizio pubblico. Ma a che serve aderire se poi non si fa nulla a livello pratico? E le donne stesse non si mettono in gioco?

Cosa ne pensate del fatto che nel momento in cui una direttiva della commissaria europea Reding introduce il vincolo del 40% di quote rosa nei CdA, subito dopo la Gran Bretagna risponde con una lettera che incita alla "resistenza antiquota"?

Un recente studio di McKinsey che ha comparato i risultati finanziari di 89 aziende quotate in borsa in Europa, il cui
top management era costituito da un’alta percentuale di donne, con quelli di aziende dello stesso comparto, ma con poche donne nel top management ha evidenziato che le aziende con maggior presenza femminile nelle funzioni di leadership hanno ottenuto migliori risultati economici.

La Harward Business Review ha pubblicato un articolo nel 2011 intitolato "What makes a team smarter?" in cui è stato dichiarato che uno studio ha rilevato che la presenza di donne in un team è un fattore di successo più importante che l’intelligenza dei membri del team.

Questi studi evidenziano che non si tratta di casualità, ma che c’è una precisa connessione tra la presenza di più donne in posizioni di rilievo e migliori risultati di business.Nel mondo che vorrei nessuno dovrebbe reclamare per forza una quota femminile, ma vorrei che la scelta fosse solo e sempre un valore assoluto: il merito.
E’ sul merito, sulla professionalità eccellente che noi di MACSE Italia puntiamo e stiamo lavorando perché le nostre associate abbiano a disposizione i mezzi per formarsi e migliorarsi continuamente.
Per questo motivo il bilancio delle competenze di cui ci parlerà Maurizio Bottari è una grandissima opportunità che dovrebbe essere offerta a tutte le donne che desiderano mettersi in gioco, non solo alle donne manager.
Un programma di valutazione professionale che ci supporti nel capire in cosa dobbiamo migliorare per essere competitive e per ottenere quello che ci spetta meritocraticamente, sarebbe una svolta epocale e di sicuro aiuterebbe tutte noi a far venir fuori qualità che neanche sospettiamo di avere.

Lucia Fracassi ci parlerà della leadership, perché in qualunque ruolo, si può essere leader e anche facendo l’assistente di direzione possiamo diventare un importante punto di riferimento per il capo e i colleghi. La leadership passa attraverso l’empowerment, ovvero il potenziamento delle proprie capacità, ed ecco che torniamo a uno dei punti fondamentali che portiamo avanti noi di MACSE Italia: la formazione continua.
 Gianna Detoni con il suo intervento dal titolo provocatorio: "Perché le donne non devono essere eccellenti. Sottotitolo: elogio dell’uguaglianza nella normalità" ci farà riflettere su quanto sia assurdo portare avanti una carriera essendo "obbligate" a dimostrare di sapere sempre fare meglio degli altri, di tutti gli altri.

Chiara Lupi, con il suo ultimo libro "Ci vorrebbe una moglie" evidenzia come abbiamo bisogno di un contesto lavorativo che ci supporti di più, perché noi non abbiamo a casa una moglie che si fa carico di tutte le cose che dobbiamo fare uscite dall’ufficio.
Mariachiara Novati
Presidente MACSE Italia

 

martedì 16 ottobre 2012

L'uguaglianza nel mercato del lavoro.

Un post sul blog di Chiara Lupi http://www.dirigentidisperate.it/index.php/oscar-giannino-e-luguaglianza-nel-mercato-del-lavoro/ parla di uguaglianza nel mondo del lavoro.

Mi ha colpito molto una frase di Chiara Lupi che dice:
“Questa la sfida dei responsabili del personale: creare un clima di fiducia in cui l’uomo, al centro, contribuisce alla creazione di un valore collettivo. Infine l’ultimo, e dal mio punto di vista più interessante, punto di argomentazione. L’aumento della partecipazione al mercato del lavoro di giovani e donne.”

Si parla da tanti anni, nelle aziende, di intangible asset, che sono poi le persone, ma purtroppo gli imprenditori quando si parla di persone non sono inclini a considerare i seguenti fattori:
- un migliore clima aziendale aumenta i risultati delle performance;
- la formazione continua che serve sia all’azienda, perchè le sue risorse diventano eccellenti, sia ai dipendenti che sono più soddisfatti quando riescono a fare le cose meglio, non è uuna perdita di tempo;
- la flessibilità del lavoro non significa lavorare meno, ma semplicemente ottimizzare il tempo dedicato al lavoro.

Questi sono solo 3 punti di un elenco molto più lungo che quando si tratta di riorganizzare un’azienda, non viene mai preso in considerazione.

Le prime azioni che si vedono sono sempre i tagli del personale e tra le prime a essere licenziate sono le donne.

Durante gli ultimi mesi mi sono trovata a conoscere almeno 10 colleghe della mia stessa età lasciate a casa dopo anche 15 anni di lavoro nella stessa azienda.

Alcune di loro non trovano perchè considerate troppo qualificate (anche questo è un problema) ma la maggior parte a parità di qualifiche vengono scartate a favore di colleghe più giovani che costano meno, ma di sicuro non hanno la stessa esperienza!

Il valore delle risorse con esperienza e qualifiche, quindi il famoso intangible asset, sembra che sia sempre sacrificato a favore di un investimento economico minore.

Finchè gli imprenditori ragioneranno con queste logiche, non cambierà nulla.