Per quale motivo alla fine della giornata restano sempre
delle cose da fare e sorge spontanea la considerazione: “Accidenti anche oggi
non sono riuscita a finire quella cosa che mi ero ripromessa di terminare e mi
tocca restare in ufficio fino a ore impossibili“.
C’è sempre un motivo per cui un’attività che sembrava
potessimo svolgere in un paio d’ore, ce la trasciniamo da giorni.
Abbiamo lavorato tutta la giornata, abbiamo mangiato un
panino al volo, abbiamo fatto solo una breve pausa caffè e nonostante tutto ci
troviamo con un mucchio di carte sulla scrivania, documenti da archiviare, mail
cui rispondere.
E’ vero, magari abbiamo dato anche un’occhiata (magari un
paio) a Facebook o ai messaggini sul telefonino, ma non possono essere queste
“piccole” interruzioni che ci fanno perdere tempo.
E quindi? Come mai non abbiamo mai tempo?
Alcuni studi hanno dimostrato che circa la metà del tempo
lavorativo viene letteralmente consumato dalle interruzioni.
Per interruzioni Intendo: dare uno sguardo “veloce” alle e-mail, le telefonate non
necessarie ricevute, una richiesta “fatta al volo” da parte di un collega che
non ricorda una determinata cosa, come anche vere urgenze che non possono
essere rimandate.
Mediamente un’assistente viene interrotta circa 60 volte
al giorno.
Un manager ogni 10 minuti!
Ci sono diversi tipi di interruzione, quella che dura
mediamente dai 3 ai 5 minuti, mentre altre possono essere più brevi, altre invece
richiedono la nostra totale attenzione e concentrazione.
Se poi consideriamo i circa 8 minuti necessari per ritornare
ad essere focalizzati come al momento esattamente precedente l’interruzione, facendo
un breve calcolo, molto approssimativo, perdiamo almeno 3 ore della nostra
giornata lavorativa a gestire le interruzioni.
Secondo voi, quante di queste interruzioni sono veramente
urgenti e importanti? Probabilmente solo il 10% mentre il restante 90% ci ruba tempo
prezioso!
Come
difenderci da chi ci ruba tempo prezioso?
Il primo passo per risolvere questo problema è cercare di
rimanere focalizzate il più possibile su quelle attività che sono realmente importanti
per il raggiungimento dei nostri obiettivi. Ormai lavoriamo quasi tutte in
open-space o in uffici che condividiamo con altri colleghi. Imparare a
ignorarli e a non prestare attenzione alle loro chiacchiere è una strategia:
non fatevi coinvolgere nelle loro discussioni se non avete tempo e specialmente
se non vi riguardano.
Riconoscere le “interruzioni” e dar loro il giusto peso, magari riuscendo anche
a ignorarle quando è il caso, è un primo
passo per farsi distrarre di meno e portare finalmente a termine quell’attività
che ci trasciniamo da giorni.
Un altro è imparare a riconoscere alcune frasi che sembrano innocenti, ma
non lo sono:
“Scusa hai un attimo? Posso
chiederti una cosa al volo?”
Questa probabilmente è la domanda che ci viene fatta abitualmente e di solito il
“ladro di tempo” ha sempre una fretta indiavolata e se solo giriamo la testa
verso di lui, siamo fregate, gli abbiamo appena dato l’autorizzazione a proseguire
nella sua richiesta.
Poco importa se noi stiamo facendo altro o se neanche siamo la persona giusta cui
chiedere! Non lo fa certo per farci un dispetto, quanto piuttosto per semplice
pigrizia, magari potrebbe trovare l’informazione in una vecchia mail o cercando
in Internet, ma è più comodo e veloce che il lavoro lo faccia qualcun altro.
Sono certa che vi è capitato più di una volta che, mentre siete al
telefono, un collega si metta di fronte a voi e cominci a parlarvi e a
chiedervi informazioni.
Per un certo periodo di tempo, dietro la mia scrivania ho appeso un cartello
con scritto:
“Nonostante la natura sia stata molto generosa con me e mi abbia dotata
di due orecchie, mi ha dato una sola bocca per rispondere, motivo per cui se
sto parlando al telefono, non posso rispondere anche a te”.
Ad ogni simile interruzione, lo indicavo al rompiscatole.
Ma oltre a queste tipologie di interruzione ce ne sono
altre migliaia, che volenti o nolenti distolgono la nostra attenzione, rompono la concentrazione
che ci eravamo create e che spezzano il filo del ragionamento che stavamo
seguendo.
Ad esempio:
“Ti ricordi dove ho messo quel foglio?”
IO dovrei ricordarmi dove TU hai messo qualcosa? E poi cosa significa “quel
foglio?” sai quanti fogli ho sulla mia scrivania che non sono neanche miei e
che ho magari raccattato abbandonati nelle sale riunioni?
“Mi passi quel foglio/penna/documento/?”
Potresti cortesemente alzarti e fare il giro della scrivania? O magari solo
allungare il braccio, hai un crampo?
“Come si chiamava quel tizio che ha fatto quell’ordine?”
Magari se apri il programma CRM o il foglio di Excel, come per magia ti appare
la risposta, io manco c’ero all’appuntamento con il cliente!!!
Ma la più bella di tutte è questa:
“Scusa, dai una lettura veloce a questa mail e mi dici se va bene?”
Qui, oltre all’interruzione non richiesta si scatenano un sacco di altre
dinamiche complesse da gestire.
Per prima cosa, scatta qualcosa… siamo lusingate che un nostro collega ci
chieda un parere e ci dia così tanta considerazione e fiducia da chiedere cosa
ne pensiamo.
Non ci succede spesso di essere interpellate, quindi interrompiamo tutto quello
che stiamo facendo perché il nostro collega ha bisogno di aiuto, del NOSTRO
aiuto.
Ci accomodiamo vicino a lui/lei, assumiamo un’aria concentrata, molto seria e
professionale e cominciamo a leggere.
Ha chiesto il NOSTRO parere e quindi VUOLE il nostro contributo.
Allora cerchiamo di leggere le sfumature, di capire il messaggio tra le righe,
di metterci nei panni di chi leggerà questa mail e, come in una partita a
scacchi, cerchiamo di prevedere tutte le possibili mosse, immaginiamo scenari e
stati d’animo, insomma ce la mettiamo tutta.
E, alla fine, ci rendiamo conto che quello che c’è scritto fa veramente schifo,
probabilmente noi non avremmo mai scritto una cosa simile e vorremmo cambiare
tutto, ma per gentilezza ci limitiamo a suggerire come cambieremmo una frase,
come anticiperemmo una possibile obiezione, come eviteremmo di offendere l’interlocutore.
Ma mentre stiamo esponendo il nostro gentile punto di vista,
il nostro collega, con un sorrisetto stirato in faccia ci dice: “Cara, è giusto
quello che dici, ma ti manca questo pezzo per capire come mai ho scritto così…”
oppure “Va bene, però il cliente quella volta al telefono mi ha detto che… e quindi…”
E alla fine, ci sentiamo dire: “Dai, grazie lo stesso. Adesso rivedo due cose e
poi la mando.”
A questo punto ci sentiamo delle cretine, gli abbiamo
dedicato il nostro prezioso tempo e lui ci liquida così? E la prossima volta
che ci capita una simile richiesta, come dobbiamo comportarci? Far finta di
niente? Non prestare attenzione alle richieste dei colleghi?
Direi che una soluzione semplice e diplomatica, è rispondere con tono molto cortese:
“Dammi ancora mezz’ora così finisco questo lavoro importante e poi ti dedico l’attenzione
che meriti”.
Vi renderete conto in breve, che nella maggior parte dei casi il collega non
tornerà a disturbarvi.
C’è una frase che amo molto:
Mentally strong EAs don't worry about pleasing
others. Know any people pleasers?
Or, conversely, people who go out of their way to
dis-please others as a way of reinforcing an image of strength?
Neither position is a good one.
A mentally strong EA strives to be kind and fair
and to please others where appropriate, but is unafraid to speak up.
They
are able to withstand the possibility that someone will get upset and will
navigate the situation, wherever possible, with grace.